I doni di Gesù Risorto. Incontro Vivo di don Giuseppe Tilocca

Incontro vivo con Gesù vivo nel Vangelo (Lc 24, 35-48)

35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. 36Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. 44Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.48Di questo voi siete testimoni.

Quello che ricevono gli Undici, e con loro tutti noi battezzati che crediamo e speriamo nella Risurrezione, più che dei doni, sono dei veri e propri medicinali essenziali che ci consentono di condurre normalmente la nostra vita, e di portare vero frutto come Gesù ci ha chiesto!

E sapete quali sono i vantaggi? Questi farmaci ci vengono recapitati direttamente a casa, non hanno controindicazioni e sono totalmente gratuiti: ha già pagato Lui per tutti! Vediamoli insieme: si tratta di tre farmaci salvavita e di due gastroprotettori.

  1. IL SENSO DELLA PROPRIA MISSIONE

Gesù mostra «nella Legge, nei Profeti e nei Salmi» (Lc 24, 44) tutte le cose che si dicono di lui. Se da un lato i discepoli devono comprendere che quanto è accaduto non è un incidente di percorso ma il compimento della storia della salvezza, dall’altro lato essi dovranno imparare a leggere anche le proprie vicende personali in rapporto a questo. Le croci, le miserie, le sconfitte non sono destinate a schiacciare coloro che le vivono, ma ad essere accolte e comprese nella luce del mistero pasquale, compimento del progetto d’amore del Padre che dona la vita del Figlio per la salvezza del mondo.

  1. LA PRESENZA VIVA DI GESù

Mentre i discepoli annunciano ciò che gli è accaduto lungo la via, Gesù si fa presente in mezzo a loro. Le porte sono chiuse (cfr Gv 20, 19), dice l’evangelista Giovanni, quasi a volerci invitare a vedere che la presenza di Gesù non è legata ad uno spostamento fisico ma connessa alla testimonianza dei discepoli. In fin dei conti, Gesù l’aveva annunciato: «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18, 20). Egli non è un ologramma e neppure la rievocazione emotiva di un personaggio del passato, ma una persona che comunica nel presente della storia attraverso parole e gesti concreti. In questo modo Gesù testimonia d’essere uno che ha donato, e continua a farlo, la vita, con amore, per la salvezza dell’umanità.

  1. LA PACE DI CRISTO

Lo riconosciamo nelle parole di Gesù: «pace a voi!» (Lc 24, 36; Gv 20, 19.21.26). Una pace che non ha niente a che vedere con la semplice assenza di conflitto, o con quello che noi normalmente intendiamo quando diciamo al nostro prossimo: «lasciami in pace!». Lo si vede dal modo in cui Gesù la offre: mostrando le mani forate dalla cattiveria degli uomini inferta sul suo corpo. La pace di Cristo significa allora comunione con tutti, anche con chi ti rifiuta, anche con chi ti fa del male o ti maledice. È la concreta manifestazione dell’amore più grande, che si riconosce nell’offerta della vita per tutti, senza distinzione alcuna di persona. E i discepoli comprenderanno che la pace del Risorto è il dono che manifesta il compimento della salvezza, e contemporaneamente l’impegno per chi lo riceve, e lo fa proprio, di offrire la stessa pace mostrando i segni dei chiodi, vivendo in comunione anche con chi non ci ama, o con chi non amiamo.

  1. LA GIOIA DELL’INCONTRO COL RISORTO

Si tratta però di una gioia mista al turbamento e all’incredulità: i discepoli non credevano a causa della gioia (cfr Lc 24, 41). Nella vita, ci sono talvolta delle situazioni in cui viene spontaneo esclamare: «è troppo bello per essere vero!». L’incredulità di Tommaso, ad esempio, non è mancanza di fede in senso proprio, ma necessità sua, e dei discepoli di tutti i tempi, di crescere nella fede attraverso la relazione personale con Cristo. Infatti, in un secondo momento, Tommaso è invitato dal Risorto a toccare i segni della Passione per vincere la sua incredulità, per constatare che la risurrezione dai morti è un fatto bello e vero. “Toccare” è un verbo importante nel Nuovo Testamento che indica il bisogno dell’uomo di relazione e di reciprocità. Un esempio è l’emorroissa che desidera toccare il lembo del mantello di Gesù per essere guarita. Il suo desiderio non consiste nel toccare materialmente un pezzo di stoffa con proprietà miracolose, ma nell’entrare in relazione con la persona di Gesù, l’unico capace di comprendere, accogliere e di venire incontro alla sua condizione di povertà, l’unico capace di vera misericordia. Il dono della gioia mista al turbamento e all’incredulità non è altro che il dono di un cammino di fede attraverso il quale entrare in una relazione sempre più profonda con il Cristo Crocifisso e Risorto.

  1. IL PERDONO DEI PECCATI

Papa Paolo VI nella Evangelii nuntiandi afferma: l’uomo ascolta volentieri i maestri solo quando sono testimoni. Questo significa che per predicare il dono della conversione e del perdono dei peccati bisogna prima accoglierlo e farlo proprio. Ma la realtà dei fatti è molto spesso diversa dalle nostre dichiarazioni di intenti: tutti, davanti al pericolo, prendono la via della fuga. Nel cenacolo i discepoli sono chiusi per paura di fare la stessa fine del Maestro, ma anche perché brucia, nella coscienza, il rimorso di averlo tradito. Gesù conosce il cuore dei discepoli. Era bastato dire, nel corso dell’ultima cena: «Uno di voi mi tradirà» (Mt 26, 21; Mc 14, 18; Gv 13, 21), per scatenare il panico. Tutti sanno di essere potenzialmente capaci di tradire. E di fatto tutti lo tradiscono, chi vendendolo, chi rinnegandolo, tutti abbandonandolo. Gesù conosce il cuore dei discepoli e lo riscalda con la sua parola. Si prende cura di loro. Li rimette in piedi, dicendo: «è pace anche con voi!». Li perdona perché possano essere testimoni del perdono. Prima però è necessario dismettere gli atteggiamenti di presunzione, che portano a seguire Gesù basandosi sulle proprie forze, se non addirittura strumentalizzandolo a progetti mondani che niente hanno a che vedere con l’edificazione del regno di pace e giustizia, di amore e perdono!

Non si può essere veri discepoli senza essere testimoni, e, nello stesso tempo, non si può essere veri testimoni senza essere stati prima discepoli. E il testimone è colui che davanti al giudice depone sotto giuramento su un fatto che ha visto accadere sotto i suoi occhi. È in pratica uno che si espone per qualcuno e su qualche evento senza avere paura di pagare di persona. Insomma, il discepolo-testimone è colui che si impegna a fare proprio l’insegnamento del maestro con il coinvolgimento di tutta intera la propria esistenza. Ciò che noi tutti siamo chiamati ad essere oggi, se abbiamo nel cuore questi doni di Gesù Risorto.

 

Don Beppe Tilocca

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