VI Domenica del Tempo Ordinario – 11 febbraio 2024

Buongiorno a tutti! Mentre ascoltiamo, domenica dopo domenica, il Vangelo secondo Marco, ci sono due domande che dovremmo far risuonare di continuo nella nostra mente e nel nostro cuore: “chi è Gesù?” è la prima, “chi sono i suoi discepoli?” è la seconda. Le risposte a questi interrogativi fondamentali non devono essere né affrettate né tantomeno scontate, come se sapessimo già tutto, ma pazientemente ricercate nell’ascolto che illumina la nostra personale e comunitaria esperienza. Consapevoli di questo, con fede accogliamo la Parola.

Al tempo di Gesù, la lebbra non coincideva esattamente con la patologia che oggi chiamiamo morbo di Hansen. Bastava avere dei segni preoccupanti sulla pelle per essere immediatamente dichiarati lebbrosi e portati fuori dalle mura della città. In pratica, il lebbroso doveva seguire una una sorta di quarantena, in seguito alla quale, se i segni sulla pelle sparivano del tutto, veniva chiesto ai sacerdoti di provvedere ad una certificazione della guarigione in modo da essere subito reinseriti nella comunità. Questo purtroppo non avveniva quando i segni sulla pelle continuavano a stare lì dove erano spuntati. Escluso permanentemente dalla relazione con gli uomini e con Dio, il lebbroso doveva, in quel caso, vivere fuori della città, munito di campanello per avvisare chiunque passasse nelle sue vicinanze.

Il lebbroso che si trova davanti Gesù sente il peso della propria condizione, ma è un uomo che non si è rassegnato a vivere lontano dagli uomini e da Dio. Certamente ha sentito parlare del rabbi di Nazareth e dei prodigi da lui compiuti. Perciò, appena si verifica la possibilità di poterlo incontrare, ne approfitta: si getta ai suoi piedi e lo supplica: «Se vuoi puoi guarirmi!». Gesù comprende la sua sofferenza e la sofferenza di quanti come lui, per motivi diversi, vivono nella medesima condizione. Chi può, infatti, vivere un’esistenza serena senza poter contare sull’aiuto di Dio e dell’altro?

Per questo Gesù decide di intervenire nell’unico modo che può rompere l’isolamento in cui il lebbroso si trova: toccandolo con la mano! Toccare un lebbroso era impensabile! Ma è attraverso questo gesto che Gesù può comunicare all’uomo di poter nuovamente contare sulla solidarietà umana e sulla vicinanza di Dio. Toccare è un verbo che nel vangelo di Marco ha una forza e un significato particolare. Indica la reciprocità che si realizza all’interno di una relazione. Gesù, in un certo senso, tocca il lebbroso proprio perché desidera che tra loro si stabilisca una relazione piena. Quel genere di relazione che rende concreta e visibile la presenza di Dio nel mezzo. Dio è presente, infatti, laddove gli uomini si amano nella reciprocità. Se nel suo primo miracolo, quello realizzato nella sinagoga di Cafarnao, Gesù è il salvatore che restituisce all’uomo la libertà e la dignità personale, nella guarigione del lebbroso Gesù è il salvatore che comunica a tutti la volontà di salvare l’uomo sanando le sue relazioni.

Aiutaci allora, Signore, a capire che nell’isolamento si può solo soffrire e che nelle relazioni, per quanto difficili e conflittuali possano essere, si può costruire la vera umanità e sperimentare la reciprocità dell’amore. Signore, toccaci e sana le nostre relazioni. Buona domenica di vero cuore a tutti!

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