Vita tua, Vita Mea: la logica del Vangelo nei momenti di crisi – Una riflessione sulla Settimana Santa

Incontro Vivo con Gesù Vivo nel Vangelo (Gv 11,45-56)

In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

È interessante la reazione delle persone a quanto compiuto da Gesù a Betania, segno inequivocabile per gli Israeliti che Egli è il Messia, poiché secondo le Scritture avrebbe compiuto azioni particolari: la vista ai ciechi, la parola ai muti, la guarigione agli storpi, ed ora la vita ai morti… Non c’erano più dubbi: era Lui! Eppure… soltanto alcuni credono subito, mentre altri sono più distaccati, tanto che iniziano a diffondere con riserva ciò che Gesù fa e dice. Quando questi racconti giungono ai capi del popolo, essi hanno paura! Ma di cosa? Fondamentalmente, di perdere clienti!

Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».

Se la gente comincia ad andare da Lui, la popolazione sarà spaccata! E in mezzo alle spaccature, i Romani sguazzavano: “Divide et impera” dicevano. La paura perciò era quella che i Romani potessero approfittarne per rafforzarsi, fino ad arrivare a distruggere il tempio e cancellare dalla carta geografica il popolo di Israele! Bisognava prendere una decisione “politica”: come fare per non perdere consensi e mantenere l’”elettorato”? Bisognava tappare la bocca a Gesù.

Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!».

Questa frase dovrebbe essere l’eco di concetti molto chiari e forti del Movimento FAC. Come diceva don Tommaso De Maria, e don Paolo Arnaboldi ripeteva spesso, noi non dobbiamo sposare la logica del mondo, MORS TUA, VITA MEA, quella che usa anche Caifa quando dice: dalla morte di Gesù ci sarà vita per tutti.  Noi dobbiamo essere capaci di proporre la logica del Vangelo: VITA TUA, VITA MEA! Provate ad immaginare cosa sarebbe il momento storico in cui ci troviamo se dominasse l’egoismo, sullo stile di ciò che abbiamo sentito da alcuni politici europei: se muoiono i vostri cari non importa, l’importante è arrivare all’immunità di gregge. Il Vangelo, invece, è l’annuncio opposto: faccio di tutto, fino ad offrire la mia vita, in modo che la tua vita possa ancora fiorire! Noi dobbiamo essere coraggiosamente schierati dalla parte del Vangelo, per fare in modo che la nostra vita diventi la vita degli altri!

Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

Inconsapevolmente, però, Caifa diventa strumento del progetto di Dio e della storia della salvezza. Questo ci fa capire che, nonostante le tante cose “storte” davanti a noi, se siamo capaci di leggerle con fede nella storia della salvezza, allora possiamo cogliere dentro queste esperienze un’opportunità. Non ci sono crisi, non ci sono cadute, non ci sono esperienze del “limite” o della morte che possano accadere invano! Tutte sono opportunità di vita. La paura, l’angoscia che abbiamo deve lasciare il posto alla fede. La parola “crisi” in diverse lingue non ha solo un significato negativo, ma anche di opportunità: ogni crisi può avere un risvolto positivo, può farci fare un salto di qualità al livello personale e comunitario.

Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

Mentre il sinèdrio decide di metterlo a morte, Gesù si ritira nel deserto. Entriamo nella Settimana Santa con la stessa disponibilità ad entrare nel luogo del “fidanzamento”, dove si rinsalda l’alleanza d’amore per il Signore, con la consapevolezza che dobbiamo vivere questo momento di croce con gli occhi aperti, per cogliere nella storia tutti i messaggi di bene e di amore che il Signore vi ha seminato.

Il mistero pasquale è un mistero di morte, ma anche di vita. Noi dobbiamo entrare dentro la vita, includendo anche le esperienze che ci spaventano, che ci mettono in crisi, e che solitamente chiamiamo croce. Che la croce di Cristo sia per noi il cammino verso la vita piena che Gesù è venuto a portarci.

Don Beppe Tilocca

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